Valutazioni del mercato

Il franco rimane una valuta rifugio, anche in caso di tassi negativi

L’aggravarsi della situazione in Medio Oriente non solo peggiora la situazione dal punto di vista geopolitico, ma aumenta anche l’incertezza nel contesto degli investimenti. Questo, a sua volta, accentua le difficoltà in cui si trova la Banca nazionale svizzera.

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Con gli attacchi israeliani contro l’Iran, iniziati giovedì notte, la situazione in Medio Oriente si è aggravata. Il mondo sta trattenendo il fiato per la minaccia di un incendio regionale.

Il drammatico peggioramento della situazione si scontra con una situazione mondiale tesa in termini di politica economica e di sicurezza. Il conflitto doganale e commerciale innescato dagli Stati Uniti, il lento andamento congiunturale globale o la minaccia russa che va ben oltre l’Ucraina: la situazione del mondo e in particolare dell’Europa è caratterizzato da molteplici incertezze.

La sicurezza è ricercata

In un simile contesto gli investitori cercano porti sicuri. Tra questi «safe haven» rientrano tradizionalmente l’oro o i titoli di Stato americani, che in caso di crisi geopolitiche sono ancora richiesti nonostante i crescenti timori per un indebitamento. In periodi come questi, anche la Svizzera è tradizionalmente un ambito luogo di ritiro per il capitale internazionale.

Ciò rende la situazione per la Banca nazionale svizzera (BNS), prima della decisione sui tassi di interesse di giovedì prossimo, ancora più complicata di quanto non lo sia già. L’aumento della domanda di investimenti svizzeri rafforza infatti ulteriormente la pressione al rialzo del franco già forte. È pur vero che dall’inizio dell’attacco la moneta nazionale si è finora solo leggermente apprezzato rispetto all’euro, Considerato l’andamento infragiornaliero dell’EUR/CHF, si può tuttavia prevedere che la BNS intervenga sul mercato dei cambi per controbilanciare tale tendenza. All’inizio l’euro ha ceduto quasi lo 0,9% rispetto al franco, raggiungendo circa lo 0,93.

Forza del franco: un problema per la stabilità dei prezzi

Per la BNS cresce così la pressione ad agire per contrastare la forza del franco in termini di politica monetaria. Attraverso il commercio estero, infatti, il franco forte contribuisce in misura determinante al contesto deflazionistico dei prezzi dei beni di consumo in Svizzera. Infatti, proprio come un elevato valore esterno del franco rende più costose le esportazioni svizzere sul mercato mondiale, rende per contro meno costose le importazioni. Le conseguenze sono note: da mesi l’inflazione annua locale si colloca al limite inferiore della fascia di oscillazione compresa tra lo 0 e il 2% della BNS. In maggio è scesa con un tasso del -0,1%, entrando quindi in territorio deflazionistico.

Tuttavia, continuiamo a ritenere improbabile una nuova riduzione del tasso di riferimento al di sotto della soglia dello zero percento. Pertanto, una simile misura continua a non corrispondere al nostro scenario di base. Gli effetti collaterali indesiderati dei tassi negativi sono infatti considerevoli: un’ulteriore impennata dei prezzi degli immobili, la derubazione dei piccoli risparmiatori dei loro redditi da interessi già scarsi, il rischio crescente di errata allocazione del capitale o la riduzione del rendimento dei fondi previdenziali sono tutti fenomeni collaterali a cui nessuno ha interesse. 

Chi vuole rinunciare alla copertura assicurativa?

Tanto più che l’effetto desiderato verso l’obiettivo rimarrebbe limitato, ammesso che si verificasse. Ad esempio, l’attuale struttura dei prezzi deflazionistici non è dovuta a una moderazione dei consumi. Solo in questo caso un tasso di riferimento negativo (almeno in teoria) provocherebbe una stimolazione sensibile dei consumi privati, che a sua volta riporterebbe la dinamica dei prezzi nella direzione auspicata. 

Inoltre, non partiamo dal presupposto che persino un tasso di riferimento svizzero negativo nell’attuale contesto indebolirebbe il movimento di fuga in franchi. Per gli investitori, infatti, gli investimenti in franchi rappresentano in ultima analisi una sorta di copertura assicurativa, ma non vi rinuncerebbero solo perché i tassi negativi lo costerebbero un po’ più caro. La pressione al rialzo per il franco continuerebbe e, di conseguenza, non diminuirebbe neanche le importazioni deflazionistiche.

La reintroduzione di un tasso di riferimento negativo avrebbe quindi un effetto soprattutto simbolico. Infatti, in ultima analisi, i fattori determinanti del contesto dei prezzi e dell’andamento monetario esulano dalla sfera d’azione della politica monetaria della BNS. È una constatazione amara, ma almeno viene addolcita, ma al contempo riceve un po’ di sostegno dall’esterno nella lotta per la stabilità dei prezzi. Sulla scia dell’escalation della situazione in Medio Oriente, i prezzi del petrolio hanno registrato un notevole aumento. I prodotti petroliferi rappresentano solo il 3% dell’indice svizzero dei prezzi al consumo, Ma nonostante il loro peso ridotto, possono essere la piccolissima leva che spinge il tasso d’inflazione svizzero appena al di sopra della soglia dello zero percento. L’inflazione rientrerebbe quindi nella fascia obiettivo e la pressione per la BNS ad agire per una politica simbolica sarebbe un po’ inferiore.

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Santosh Brivio

Santosh Brivio è Senior Economist della Banca Migros. Si occupa dell'analisi degli sviluppi macro e ciclici e dei mercati finanziari.

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